Arancina o arancino? Il cuore fritto della Sicilia

Arancina o arancino? Quando una palla di riso sa di casa, cuore e memoria
C’è chi litiga per politica, chi per il calcio… e poi ci siamo noi, siciliani, che ci accapigliamo per una palla di riso. Ma non una qualsiasi: la regina del nostro street food. “Arancina” o “arancino”? Dipende da dove sei cresciuto, da che parte dell’isola ti batte il cuore.
Non è solo un nome. È sangue che bolle.
Se sei nato tra Palermo e Trapani, è femmina. Tonda, dorata, fiera come una moneta d’oro nelle mani del tempo. L’arancina, quella con la “a”, non si discute. È un’eredità che sa di ragù lento e zafferano, di mani impastate e grembiuli macchiati. Una nonna che dice: «Ora si friggono… attento, ca scotta!»
Dall’altra parte, a Catania, è un’altra storia. Lì è arancino, maschio e appuntito, quasi a voler somigliare a sua maestà l’Etna. Dentro? Burro, pistacchio, norma… ogni zona ha la sua versione, come se ogni arancino avesse una biografia da raccontare.
Lingua, orgoglio, radici
Provate a chiedere a un siciliano: “Ma si dice arancina o arancino?”
Vi guarderà come se gli aveste chiesto se sua madre si chiama davvero così. Non esiste risposta neutra. Perché quel nome è un biglietto di identità, un pezzo di mappa familiare.
Dietro ogni sillaba c’è una piazza, una voce al mercato, un cartoccio di carta unta portato via da un chiosco. Lì, in quel profumo caldo, c’è tutto: lingua, memoria, orgoglio.
Un morso che sa di ritorno
Chi vive lontano lo sa: il primo vero morso di Sicilia lo dai appena metti piede sull’isola. Non appena scendi dall’aereo o dal traghetto, ti guardi attorno e cerchi lei. Che sia al bar dell’aeroporto o nel chiosco in via Roma, poco importa: quel morso è un rito.
Per chi torna, è come dire: “Ci sono di nuovo.”
Per chi resta, è un conforto quotidiano, come una carezza che conosci da sempre.
Per chi parte, invece, è un souvenir caldo che non si può portare via, ma che resta nella testa, tra lingua e palato.
La regina che mette tutti d’accordo
Chi dice che la Sicilia è una? È tante. Una e molteplice, come la sua cucina, come il suo dialetto. E questa palla di riso, che sia maschio o femmina, ne è la prova vivente: cambia forma, nome, ripieno… ma non cambia cuore.
Alla fine, tra ragù e piselli, burro o melanzane, resta sempre lei: un boccone d’amore, un piccolo monumento fritto alla memoria.
In Sicilia, anche il cibo ha un’anima. E certe anime si mangiano solo con le mani.
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Scopri, vivi, assapora la Sicilia. Perché un arancino… o un’arancina… può anche farti piangere. Di gioia.