Il cuore di marmo di Custonaci

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A Custonaci, il marmo ha voce. E parla siciliano.
C’è un suono che non smette mai davvero, neanche quando cala il silenzio tra le colline: è quello del marmo che si lascia domare. Non è solo un rumore. È un respiro antico, profondo. Sale dalle cave come un canto di fatica e orgoglio, vibra nei capannoni, tra polvere bianca e scintille, e si mescola al vento caldo che scende dal Monte Cofano.
Qui la pietra non è materia inerte. È anima. È storia che si fa carne. È futuro inciso, lucido, consegnato al mondo con le mani nude.
Lo chiamano Perlato di Sicilia. Un nome che sembra già poesia. Lo trovi nei saloni delle ambasciate, nei pavimenti di chiese che raccontano secoli, nei palazzi che fanno da sfondo a fotografie in bianco e nero. Ma lui, in fondo, non ha mai lasciato casa. Vive ancora qui, dove tutto comincia: tra gli occhi stanchi e fieri di chi lo taglia, lo leviga, lo accarezza come fosse un figlio.
Ci sono nomi che, da queste parti, sono più di un marchio: sono radici.
Santoro Marmi, che da generazioni scolpisce la bellezza.
Sud Marmi, dove l’innovazione convive con la memoria.
Marmi Bonanno, custodi di un sapere che si tramanda al ritmo delle stagioni.
Marmi Zichichi, dove ogni blocco estratto sembra portare l’impronta della Sicilia stessa.
Custonaci non è solo un paese. È un laboratorio all’aperto, un cuore che batte a colpi di scalpello. Camminando per le sue strade, ti basta allungare la mano su un muretto o fermarti davanti a un portale per capire che qui ogni pietra ha qualcosa da raccontare.
Perché da queste parti il marmo non si lavora.
Si capisce.
Si rispetta.
E, soprattutto, si ama.
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